Intervista a Davide Cortese

Intervista a Davide Cortese

Dopo aver letto  Zebù bambino di Davide Cortese, Terra d’ulivi edizioni, inizia il mio dialogo con l’autore. Mi incuriosisce il verseggiare leggero della patina su una scelta tematica non convenzionale, mi incuriosisce la forma poetica che ricorda la filastrocca mentre dice:

accende mille fiammiferi nella notte
si brucia il ciuffo e le scarpe rotte.
Brucia un nome scritto su una nave.
Brucia la porta per far cadere la chiave

 

Cosa ami della letteratura contemporanea?

Amo tutto ciò che innesca in me un pensiero nuovo, una riflessione inusitata, ma anche ciò che evoca bellezza e mistero.

Cosa bruceresti della poesia degli ultimi decenni?

Nulla. Salverei dal fuoco anche i libri brutti.

Nei tuoi versi talvolta sfiori il tema del doppio oppure rovesci la sacralità. Penso al Bambin Zebù e al suo modo di guardare il mondo. Cosa fa per te Zebù, cosa ti suggerisce?

Zebù mi suggerisce di prendermi cura della mia tenebra, di amarla.

Nella poesia  “Suono come un’arpa la mia ragnatela” scrivi

Io celebro i funerali del sole.

Zebù tra le sue rime vuole un sole che non sia giallo. Che colori ha il tuo sole?

E’ un sole camaleontico che muta il colore in base all’umore.

Alcuni dei tuoi versi sono attraversati da echi baudelairiani

 Ho infilato l’anello al dito del maelström/ e ne ho sposato lo splendore nero, /nel cavo delle mani del samurai bambino /ho adagiato il pettine di corallo di sua madre /e lontano nel tempo con una donna di silenzio/ ho tessuto i fili di una preziosa ragnatela./Ora sull’erba su cui un dio vomita vento/io dormo il sonno di un inquieto poeta/e nel sogno di nubi a cui rubare la pioggia/ io piovo sul fuoco della bocca che amo.

Hai dei riferimenti letterari che arricchiscono la tua ispirazione? Cosa ti piace leggere?

Amo poeti molto diversi tra loro. I maledetti dell’Ottocento francese quanto i poeti della Beat Generation.

Ti sei mai chiesto di cosa hanno bisogno i lettori contemporanei?

Non saprei… Io, in quanto lettore contemporaneo, ho bisogno di leggere pagine che sappiano palpitare di vita.

E tu come poeta e scrittore di cosa hai bisogno?

Ho bisogno di scrivere onestamente.

Parliamo dello stile di scrittura. Come nasce in te la scelta del verso in rima in Zebù?

E’ stata una scelta spontanea, dettata dal mondo dell’infanzia di cui trattavo, con la leggerezza delle sue filastrocche.

La poesia è di tutti? Ed è per tutti?

Forse non è per tutti, ma è certamente di tutti.

Regalaci alcuni dei tuoi versi, quelli che in qualche modo rappresentano un momento importante del tuo fare poesia.

Tra i fiocchi di neve che cadono

ce n’è sempre uno,

non visto,

che risale il cielo.

Ogni autunno ha una foglia segreta,

che rimane salda all’albero.

C’è sempre tra gli uomini

un uomo che non muore.

Egli attende

che quelli che lo conoscevano

si siano tutti spenti.

Resta  acceso

a  illuminare

un’eternità che non so.

Davide Cortese (Isola di Lipari, 1974) ha pubblicato la sua prima silloge poetica: “ES” nel 1998. A questo  libro sono seguite le sillogi: “Babylon Guest House”, “Storie del bimbo ciliegia”, “ANUDA”, “OSSARIO”, “MADREPERLA”, “Lettere da Eldorado”, “DARKANA”, “VIENTU” (una raccolta di poesie in dialetto eoliano) e il poemetto sull’infanzia “Zebù bambino”. Nel 2015 Davide Cortese  ha ricevuto in Campidoglio il Premio Internazionale “Don Luigi Di Liegro” per la Poesia.

È autore del romanzo “Tattoo Motel”, di due raccolte di racconti: “Ikebana degli attimi” e “Nuova Oz”, della monografia “I Morticieddi – Morti e bambini in un’antica tradizione eoliana” e della fiaba “Piccolo re di un’isola di pietra pomice”. Ha inoltre curato l’antologia-evento “YOUNG POETS * Antologia vivente di giovani poeti” al Teatro Aleph di Roma,“GIOIA – Antologia di poeti bambini” (Con fotografie di Dino Ignani) e “VOCE DEL VERBO VIVERE – Autobiografie di tredicenni”.